di E.T.
E poi ci sono quelli che si sentono buoni perché sono alla Festa dei Partigiani e chiedi loro un’informazione sentendoti rispondere a una domanda che non hai posto, ma questa è un’altra storia. Essere non conta, conta apparire. Non cade nella miserabile trappola l’attrice e autrice Elisabetta Salvatori che regala un emozionante testo teatrale sulla storia del partigiano Medaglia d’Oro al valore Amos Paoli, poliomielitico, massacrato da Nazisti, verità storica che nessun negazionismo di Stato potrà cancellare.
Il ricordo si agisce grazie ad una scrittura limpida e coerente, perfetta per un podcast, e alle emozioni che la muovono con immagini nitide che partono dal cuore e arrivano alla memoria, ricreandola, con fedeltà, come una madre ricorda un figlio, e si snoda da una storia che finisce 79 anni fa con la morte di Amos Paoli, partigiano in stampelle e carrozzina, che insegna l’umanità e cosa significhi avere un credo a dei barbari travestiti da esseri umani indottrinati da un pazzo al quale un altro pazzo romagnolo che gridava incongruenze da un balcone con applausi e giubilo di un popolo inguardabile, aveva dato fiducia, che scorrazzavano per l’Italia tutta ad ammazzare italiani, compatrioti, partigiani, padri, madri, sorelle, fratelli, figli.
Se l’interpretazione ha qualche imperfezione, perfettamente comprensibile, il testo invece è perfetto: l’attrice anche autrice ha una scrittura cristallina, fortemente evocativa, emozionante, con pause perfettamente sottolineate, in un ricordo che è un omaggio cantato dal cuore. Un gioiellino, perfetto per un podcast, visto alla festa dell’ANPI a Viareggio e che brilla assai più delle finte luci, delle ruote panoramiche sempre vuote e dei brillantini farlocchi di una inesistente politica culturale che cerca di ri-colorarsi (de-colorarsi?) per coprire il nulla sul quale è progettata. Ascoltare Elisabetta Salvatori è stato quasi come scavare acqua dal deserto.
(12 agosto 2023)
©gaiaitalia.com 2023 – diritti riservati, riproduzione vietata